
La Corte di Cassazione con sentenza n. 1659 del 2014, sezione lavoro, ha stabilito che l’assicurato non è obbligato a verificare i dati contributivi, ma è l’ente previdenziale pubblico o privato a dover controllare la posizione contributiva.
Nel caso in esame la sentenza ha previsto che la cassa previdenziale debba risarcire i danni alla vedova di un professionista, titolare della reversibilità, avendo la cassa fornito informazioni errate sull’anzianità contributiva e creando in tal modo nell’assicurato false aspettative di pensione.
A tale conclusione sono pervenuti gli ermellini in quanto l’ente previdenziale è obbligato a non tradire la fiducia dell’assicurato che a sua volta non è tenuto a verificare i dati fornitigli dall’istituto.
Quindi tutti gli istituti previdenziali rispondono quando sbagliano i calcoli, diffondendo informazioni approssimative sulle posizioni degli assicurati. Se poi i dati sulla situazione contributiva e pensionistica sono forniti all’ente dagli stessi assicurati, l’ente deve effettuare in tempi adeguati tutti gli accertamenti necessari.
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