DDL di stabilità 2015: attacco ai patronati e al diritto di tutela gratuita dei cittadini

tagli ai patronati

La bozza di legge di Stabilità 2015 prevede una serie di misure nei confronti degli istituti di patronato che, se approvate, andrebbero a ledere la democrazia del nostro Paese.

Da quasi 70 anni il patronato rappresenta un importante strumento di coesione sociale e di aiuto specie ai ceti sociali più deboli poiché offre una serie di servizi e consulenze in materia di previdenza, lavoro e immigrazione in modo gratuito; gli stessi servizi che in altri Paesi europei vengono offerti a pagamento dai privati.

La norma prevede i seguenti interventi:

– un taglio delle risorse del fondo patronati di 75 milioni di euro per il 2015;

– un dimezzamento dall’80 al 45% degli anticipi che vengono versati ai Patronati sulle somme spettanti, a partire dal 2016;

– la riduzione dell’aliquota di contribuzione dallo 0,226% allo 0,148%, a partire dal 2014.

Vengono al contempo individuati una serie di requisiti di qualità che i patronati devono possedere per ottenere il finanziamento: essere presenti in un numero di province equiparabili al 60% della popolazione, essere attivi in almeno 8 paesi esteri, espletare una quota di attività pari almeno al 2,5% del fondo.

Le conseguenze di tali misure, se approvate, sarebbero disastrose poiché ciò porterebbe non solo alla chiusura di molti sportelli con perdite di migliaia di posti di lavoro, ma si priverebbero i cittadini, già gravemente provati dalla crisi economica, del diritto alla tutela gratuita costituzionalmente sancito!

Sì, perché il ruolo dei patronati è quello di tutelare i diritti individuali di qualsiasi cittadino presente sul territorio nazionale, prestando l’attività di assistenza e consulenza in materia previdenziale, sanitaria e  socio-assistenziale.

Il ridimensionamento dei patronati o la loro soppressione, metterebbe anche in ginocchio il funzionamento degli enti previdenziali (Inps e Inail) a cui i patronati fanno da supporto, comportando un aumento dei costi di gestione, poiché a seguito del processo di informatizzazione avviato qualche anno fa le domande di prestazioni previdenziali devono essere presentate a tali enti telematicamente, chiedendo un PIN personale o rivolgendosi ad un patronato (gratuitamente) o ad un professionista privato (a pagamento). Orbene, la maggioranza degli anziani, ma anche delle persone in difficoltà o ammalati non è in grado di provvedere a tali adempimenti personalmente.

Giuridicamente parlando, la manovra presenta profili di illegittimità costituzionale:

Violazione dell’art.38  e dell’art. 3 della Costituzione

Secondo la Costituzione, i diritti di natura previdenziale dei lavoratori la cui difesa nei procedimenti amministrativi e giurisdizionali rappresenta la finalità degli Istituti di patronato, sono garantiti dall’art. 38, comma 2 secondo cui: “I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.

Sempre secondo l’art. 38, comma 4, della Costituzione, la protezione di tali diritti, poi, non è rimessa solo all’eventuale e libera iniziativa dei lavoratori, ma rientra tra i fini e i compiti costituzionalmente assegnati allo Stato; fini e compiti ai quali “provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato” medesimo quali appunto sono i patronati!

I fini previdenziali corrispondono poi ad un interesse pubblico direttamente riconducibile all’art. 3, comma2, della Costituzione, che stabilisce ancora che è “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese“.

Dalla connotazione pubblicistica dell’interesse previdenziale (perseguito dai patronati), quale definito dalla Costituzione, deriva poi come conseguenza diretta e necessaria che le prestazioni alle quali devono provvedere gli organi e gli istituti predisposti o integrati dallo Stato sono sottratte all’ambito delle attività lucrative, pur non dovendo necessariamente essere gratuite; e che devono essere fornite in posizione di uguaglianza a tutti i lavoratori, non assumendo alcun rilievo la circostanza che si tratti di lavoratori iscritti o non iscritti al sindacato, iscritti a questo o quel sindacato.

Il carattere non di lucro dell’attività e l’indirizzo generalizzato delle prestazioni sono, in sostanza, il connotato essenziale della previdenza pubblica prevista dalla Costituzione. Al contrario, lo scopo di profitto e la possibilità di selezione tra le richieste dei lavoratori rientra in un quadro di attività assicurative e assistenziali ulteriori e accessorie che, sebbene non vietate dalla Costituzione, non entrano a comporre il quadro della protezione dei diritti dei lavoratori che deve essere predisposto tramite gli organi e gli istituti di cui parla l’art. 38 della Costituzione.

La Costituzione, in sostanza vuole che vi sia una specifica organizzazione per le prestazioni previdenziali (come previsto all’art. 38) e che le prestazioni offerte da tali strutture non siano oggetto di attività lucrativa e siano disponibili dalla generalità dei lavoratori.

Questo è il nucleo costituzionale irrinunciabile!

La bozza di legge di Stabilità, al contrario, porterebbe all’eliminazione delle strutture operanti nel campo previdenziale direttamente riconducibili a quelle previste dall’art. 38, quarto comma, della Costituzione, facendo venir meno le garanzie oggi date ai cittadini per l’esercizio dei loro diritti sociali.

Non si può permettere assolutamente che il diritto alla tutela gratuita dei cittadini, costituzionalmente sancito, venga compromesso.

Segnalo la pagina Internet per firmare la petizione su Tituteliamo.it

 

 

 

 

 

Informazioni su Avv. Nadia Delle Side 634 Articoli
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