Rette RSA: nulli gli impegni di pagamento sottoscritti dai parenti

Sono nulli gli impegni al pagamento delle rette RSA firmati dai parenti dei degenti.

Con un’importante sentenza del Tribunale di Verona (n. 2384 del 19/06/2013) è stata dichiarata  la nullità dei contratti di ricovero con cui i parenti delle persone degenti in RSA si impegnano come garanti o come fideiussori al pagamento della quota sociale.

Viene così a rinforzarsi un orientamento già manifestato in modo chiaro nel 2012 dal Tribunale di Firenze con le sentenze del 13 agosto e del 18 settembre 2012.

Ritornando alla sentenza del tribunale di Verona, nella vicenda in esame la RSA aveva ottenuto dal giudice un decreto ingiuntivo per il pagamento della quota sociale sulla base di un contratto di impegno che i parenti della persona degente (soggetto ultrasessantacinquenne e invalido al 100%) avevano sottoscritto.

Quest’ultimi, di contro, si sono opposti al decreto ingiuntivo, ottenendone la revoca da parte del tribunale di Verona che ha dichiarato nullo il “contratto ricovero” ex art. 1428 cc per contrarietà a norme imperative, affermando che la firma imposta ai parenti a garanzia del pagamento delle rette Rsa rappresenta un ostacolo alla fruizione dell’assistenza sanitaria.

Il diritto al ricovero e all’assistenza non può essere regolamentato da convenzioni private che, in qualche modo, ostacolino di fatto il ricorso del cittadino alla fruizione dell’assistenza sanitaria, quale mezzo concreto di garanzia e attuazione del diritto costituzionalmente riconosciuto alla salute.

Si legge nella sentenza: “In base alla normativa vigente, in un caso di assistenza sanitaria quale quello di specie, le spese per ricovero vanno suddivise al 50% tra Azienda Sanitaria e Comune competente. Non c’è dubbio che una siffatta normativa rientra nell’ambito della normativa d’interesse pubblico che assicura ai cittadini le prestazioni socio-sanitarie necessarie, da garantirsi su tutto il territorio nazionale, in applicazione concreta dell’art. 32 Cost. Se così è, il diritto al ricovero e all’assistenza di un soggetto ultrasessantacinquenne e invalido al 100% non può esser regolamentato da convezioni private che, in qualche modo e secondo vari mezzi giuridici ( espromissione, fideiussione ecc) , ostacolino di fatto il ricorso del cittadino alla fruizione dell’assistenza sanitaria, quale mezzo concreto di garanzia e attuazione del diritto costituzionalmente riconosciuto alla salute. E ciò specie se il cittadino abbia una minore capacità reddituale, com’è pacifico nel caso di specie. Il contratto di ricovero deve perciò ritenersi nullo ex art 1428 CC per contrarietà a norme imperative”.

Emerge chiaramente come allora non ci possa essere spazio, nell’ambito del rapporto pubblicistico di erogazione delle prestazioni sociosanitarie, per la contrattazione privata. Le strutture che erogano il servizio in convenzione con le Asl o con i Comuni non possono dunque sottoporre ai parenti dei degenti impegni al pagamento delle rette Rsa poiché in tal modo aggirano le norme pubblicistiche che stabiliscono invece chiari modi e criteri di ripartizione dei costi di degenza fra enti pubblici e cittadini (le norme prevedono la suddivisione delle spese di ricovero fra Asl e Comune, salva la compartecipazione dell’utenza in proporzione al reddito) a scapito della libera fruizione dell’assistenza sanitaria.

Si legge ancora in sentenza che la Rsa non può altresì richiedere il siffatto contributo ai parenti in quanto “tenuti agli alimenti” ai sensi degli art 433 e seguenti del c.c. poiché la norma (D.Lgs. 109/98 art. 2 comma 6) espressamente lo esclude: “il ricorso a tale normativa è consentito solo al soggetto privo di mezzi o al suo legale rappresentante, non certamente ad un terzo, specie se ente pubblico”.

Il solo ed unico obbligato al pagamento della retta Rsa è il degente, ovviamente nei limiti del proprio patrimonio;  ne deriva che se quest’ultimo ha un determinato reddito, qualsiasi richiesta economica superiore non potrà essere da questi soddisfatta. Per tale motivo le RSA, consci dell’incapienza del patrimonio del degente, sono soliti far sottoscrivere ai parenti impegni fideiussori al pagamento come condizione necessaria per l’ingresso in struttura.

Alla luce di siffatta sentenza, tale prassi risulta illegittima!

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