
Con l’ordinanza n. 4684 del 14 febbraio 2022, la Sezione VI-Lavoro, della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della corretta valutazione della nozione di permanenza nei casi di invalidità legati alla condizione di obesità grave.
L’obesità grave dà diritto alla pensione di invalidità perché malattia permanente
Il caso (ordinanza Cass. n. 4684/2022)
Il Tribunale di Gorizia aveva rigettato l’opposizione dell’assistita ad accertamento tecnico preventivo (ATP) delle condizioni sanitarie per l’assegno di invalidità.
Nello specifico, il CTU aveva accertato una riduzione del 74% della capacità lavorativa dell’assistita, a causa delle diverse patologie sofferte dalla stessa. Il tribunale, però, aveva disatteso le conclusioni del CTU, rilevando che l’obesità grave dell’assistita “dipende dall’indisponibilità dell’interessata a seguire un regime alimentare” dietetico, e, nell’affermare che “non è possibile che rientri nel c.d. carico sociale una condizione personale che dipende in misura significativa da un’inerzia e da una negligenza del singolo che ha il dovere di fare tutto il possibile per salvaguardare la sua salute e per evitare che questa diventi un ingiustificato costo per la collettività”; ragion per cui aveva rigettato quindi l’opposizione.
Avverso tale sentenza ricorreva l’assistita, lamentando che la legge n. 118 del 1971, art. 13, non richiede tra i requisiti delle patologie rilevanti l’involontarietà della patologia o l’impossibilità di sottoposizione a cure.
L’ordinanza
Affermano gli ermellini che questa Corte ha già affermato, ai fini del riconoscimento della pensione d’invalidità, che l’obesità, in quanto malattia permanente, sebbene non definitiva, se di grado rilevante e specialmente se concorre con altre malattie ed alterazioni funzionali, deve essere considerata, nell’ambito di una valutazione complessiva e globale, per stabilire se vi sia riduzione della capacità di lavoro (Sez. L, Sentenza n. 4357 del 27/06/1988, Rv. 459343 – 01); conf 5125/81, mass n. 415910). L’obesità legata ad un improprio regime dietetico assume la connotazione dell’infermità invalidante, ai fini del riconoscimento della pensione, nel momento in cui il suo emendamento richieda l’adozione di una terapia medica ed alimentare (Sez. L, Sentenza n. 7372 del 10/12/1986 (Rv. 449422 – 01).
Quanto alla permanenza dell’invalidità in genere, si è inoltre affermato (Sez. L, Sentenza n. 1682 del 10/04/1978, Rv. 391086 – 01) che, in tema di pensione di invalidità non può essere esclusa la permanenza di un’infermità invalidante, consistente in un’obesità di natura ginoide-costituzionale, per l’indubbia previsione della sua riduzione mediante cure mediche, dietetiche ed esercizio fisico; ciò in quanto la possibilità di cure non fa venir meno il carattere della permanenza dell’infermità, tanto più quando non sia prevedibile il carattere transitorio della malattia con guarigione o miglioramento rilevante a breve scadenza. Nello stesso senso si è poi specificato (Sez. L, Sentenza n. 6392 del 26/11/1988, Rv. 460720 – 01) che, con riferimento alla pensione d’invalidità, il requisito della permanenza della riduzione della capacità di guadagno sussiste tutte le volte che la condizione di invalidità è riferibile ad una infermità di durata incerta e indeterminata e comunque non breve (come nel caso di specie: diabete, ipertensione e obesità), non bastando a farlo escludere la mera ipotizzabilità di un miglioramento o di una guarigione della infermità stessa!
Quanto detto assume maggiormente rilievo nel caso in cui l’obesità viene in considerazione insieme ad altre patologie, come nel caso de quo.
Testo integrale Ordinanza Cassazione, sez. VI-lav., n. 4684 del 14 febbraio 2022
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