
Con la sentenza n. 21761 del 17 novembre 2004 la Cassazione è intervenuta in tema di indennità di accompagnamento in presenza di crisi epilettiche.
La signora in questione, a seguito di visita di revisione, si era vista revocare l’indennità di accompagnamento e per tale ragione agiva in giudizio per il ripristino della prestazione.
Il giudice con la sentenza di primo aveva rigettato il ricorso proposto dalla signora poiché aveva ritenuto che le crisi epilettiche “autorizzano” di per sé la concessione dell’indennità di accompagnamento, dovendosi avere riguardo alla frequenza delle crisi e quelle della signora non erano di tal frequenza da richiedere un’assistenza continua.
La normativa che disciplina l’indennità di accompagnamento dispone che tale prestazione spetta nel caso in cui la persona non sia in grado di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure nel caso in cui la persona sia incapace di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza. Pertanto, alla base del riconoscimento della prestazione vi è la permanenza dell’aiuto fornito dall’accompagnatore per la deambulazione oppure per il compimento degli atti quotidiani che il soggetto non è in grado di svolgere autonomamente: in quest’ultimo caso è la cadenza quotidiana che l’atto assume per la propria natura a determinare la permanenza del bisogno che costituisce la ragione stessa del diritto (Cassazione 11settembre 2003 n. 13362).
Secondo gli ermellini il Giudice d’appello ha ritenuto la mancanza del diritto all’accompagnamento solo sulla base della frequenza delle crisi epilettiche, trascurando invece del tutto l’accertamento della frequenza e della incidenza delle crisi di “assenza” la cui rilevanza non può escludersi, in mancanza di ogni motivazione.
In buona sostanza, ai fini del diritto all’accompagnamento in presenza di crisi di assenza e epilettiche non è richiesta la quotidianità dello stato morboso, ma che esso, anche se non frequente, incida su atti della vita quotidiana.
Sono la mamma di un ragazzo autistico. Alla prima istanza nel 2007 gli era stata concessa una pensione del 47 % .Ho fatto ricorso e dopo due anni gli è stata concessa la percentuale del 100% con accompagnamento, dopo avere prodotto naturalmente tutti i requisiti.
Da quel momento percepisce la pensione. Ho fatto domanda per un collocamento mirato e successiva verifica da parte dell’INPS e il verbale è stato a dir poco nefasto. Dopo qualche tempo lo convocano ad un accertamento al quale rispondo che mio figlio rientra al n°10 e cioè per l’autismo non rivedibile. Adesso mi scrivono che devo fargli fare il controllo altrimenti gli tolgono la pensione, portando tutta la documentazione che ha prodotto tale sentenza. A parte che non pensavo di dover conservare proprio tutto, comunque i certificati delle ASL sull’autismo, crisi epilettiche occasionali e insufficienza renale li porto, ma naturalmente non conosco in dettaglio che cosa ha prodotto la sentenza. Il ragazzo nel frattempo è migliorato e ha raggiunto una discreta autonomia, nel senso che va per la strada da solo, ma ovviamente è relativa. Frequenta centri appositi per l’autismo. Questa cosa mi manda nel pallone totalmente in quanto vorrei che gli venissero riconosciute delle residue capacità, ma anche l’accompagnamento per cui ho tribulato due anni. E ho il terrore di dover fare un’altra causa. E possibile tutto ciò?? Anche in seguito all’ultimo controllo dove lo dichiarano irrimediabilmente inabile e e definiscono il giudizio definitivo? Ma se è definitivo perchè dopo poco mi richiamano come “controllo straordinario”? Dovrò fare un’altra causa??? Non ne ho la forza, ho 66 anni e lotto da sempre contro i mulini a vento
Buonasera, sono la mamma di una ragazza di 31 anni affetta da epilessia parziale bilaterale invalida al 100%, farmacoresistente ed inoperabile, volevo chiederLe un chiarimento: ho letto in internet tempo fa che per avere l’indennità di accompagnamento non è necessario per forza avere crisi convulsive quotidiane ma basta avere crisi di assenza anche non giornalmente, mia figlia ha spesso queste crisi anche se non si sa mai quando compaiono e di conseguenza non può essere lasciata da sola perché quando ha queste crisi non sa cosa fa (mangia quello che ha nel piatto, apre la portiera dell’auto in marcia ed esce di casa senza rendersene conto), volevo sapere se oltre alla pensione che già percepisce avesse diritto anche a percepire l’assegno di accompagnamento. La ringrazio anticipatamente della sua risposta e porgo Distinti Saluti
E’ stata la sentenza della Cassazione n. 21761 del 17 novembre 2004 a stabilire che ai fini del diritto all’accompagnamento in presenza di crisi di assenza e epilettiche non è richiesta la quotidianità dello stato morboso, ma che esso, anche se non frequente, incida su atti della vita quotidiana. In ogni caso Le consiglio, prima di intraprendere una qualsiasi azione, di consultare un medico legale.
Gentilmente, sentenze della Cassazione che richiamino tale principio emesse nel 2018 e 2019 esistono? Grazie.