Corte UE: la disabilità sopravvenuta in corso di tirocinio dà diritto alla riassegnazione

Secondo la Corte UE, in caso di disabilità sopravvenuta, il lavoratore può essere riassegnato a un altro posto per il quale disponga di competenze e capacità, a patto che tale misura non imponga al datore un onere sproporzionato

Interessante pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea del 10 febbraio 2022 riguardante l’interpretazione dell’articolo 5 della direttiva 2000/78/CE.

La predetta sentenza è derivata da una controversia tra un lavoratore, divenuto disabile, e una società ferroviaria pubblica e riguardante il licenziamento del primo a causa proprio della sua disabilità.

La direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, all’art 5, stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Tale parità di trattamento deve essere interpretato nel senso che la nozione di “soluzioni ragionevoli per i disabili”, ai sensi di tale articolo, comporta che un lavoratore, incluso quello che assolve un tirocinio post-assunzione, e che, a causa della sua disabilità, sia stato dichiarato inidoneo ad esercitare le funzioni essenziali del posto da lui occupato, deve essere destinato ad un altro posto per il quale dispone delle competenze, delle capacità e delle disponibilità richieste, a meno che una tale misura non imponga al datore di lavoro un onere sproporzionato.

Il caso

Il ricorrente era stato assunto come agente di manutenzione specializzato delle linee ferroviarie. A seguito dell’impianto di un pacemaker per una patologia cardiaca, dato che tale dispositivo è incompatibile con l’esposizione ripetuta ai campi elettromagnetici che subisce un manutentore delle linee ferroviarie, il ricorrente veniva riconosciuto disabile dal Servizio pubblico federale per la previdenza sociale e, dunque, inidoneo alle funzioni per le quali era stato assunto. Tuttavia, veniva dichiarato idoneo ad “attività media, assenza di esposizione ai campi magnetici, non ad altezze elevate o a rischio di vibrazioni”.

Il ricorrente veniva, pertanto, riassegnato ad un posto di magazziniere presso la stessa impresa. Poco dopo la società decideva di porre fine al tirocinio “per essere egli impossibilitato totalmente e definitivamente a proseguire le mansioni per le quali era stato assunto”.

Il ricorrente proponeva, quindi, un ricorso di annullamento avanti al Consiglio di Stato belga, che sospendeva il procedimento, sottoponendo alla Corte la seguente questione pregiudiziale: “Se l’articolo 5 della direttiva [2000/78] debba essere interpretato nel senso che un datore di lavoro ha l’obbligo, nei confronti di una persona che, a causa della sua disabilità, non sia più in grado di svolgere le funzioni essenziali del lavoro al quale era assegnata, di destinarla ad un altro posto per il quale essa possieda le competenze, le capacità e le disponibilità richieste, quando una tale misura non imponga al datore di lavoro un onere sproporzionato”.

Pronuncia della CGUE

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha ricordato, preliminarmente, che la direttiva 2000/78 stabilisce un quadro generale per garantire ad ogni individuo la parità di trattamento “in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”, offrendogli una protezione efficace contro le discriminazioni, tra cui quelle legate agli “handicap”.

Dall’articolo 5 della direttiva 2000/78 risulta che, al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, devono essere previste delle “soluzioni ragionevoli”. Ciò significa che il datore di lavoro deve prendere le misure adeguate, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per permettere alle persone disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali misure richiedano da parte sua un onere sproporzionato.

Nondimeno, il riferimento attuato, al considerando punto 20 della direttiva 2000/78, alla sistemazione del luogo di lavoro (“in funzione dell’handicap, ad esempio sistemando i locali o adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento”), evidenzia il carattere prioritario di tale sistemazione rispetto ad altre misure di adeguamento dell’ambiente di lavoro. Tali misure possono, perciò, comprendere l’attuazione da parte del datore di lavoro di provvedimenti che consentano al disabile di conservare la sua occupazione, come un trasferimento ad un altro posto di lavoro.

Inoltre, la direttiva 2000/78 concretizza, nel settore da essa disciplinato, il principio generale di non discriminazione già sancito dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali UE. L’articolo 26 della stessa Carta prevede, poi, che l’Unione riconosca e rispetti il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità.

Pertanto, si deve ritenere che, quando un lavoratore diviene definitivamente inidoneo a ricoprire il suo posto di lavoro a causa di una sopravvenuta disabilità, la sua assegnazione a un diverso posto di lavoro rappresenta una misura appropriata nell’ambito delle “soluzioni ragionevoli” ai sensi dell’articolo 5, direttiva 2000/78.

Ciò posto, conclude la Corte di giustizia dell’Unione europea, “l’articolo 5 della direttiva 2000/78 non può obbligare il datore di lavoro ad adottare provvedimenti che gli impongano un onere sproporzionato”. Ma quale può essere considerato un onere sproporzionato?

Per determinare se le misure in questione diano luogo a oneri sproporzionati, occorre tener conto, in particolare, dei costi finanziari o di altro tipo che esse comportano, delle dimensioni e delle risorse finanziarie dell’organizzazione o dell’impresa e della possibilità di ottenere fondi pubblici o altre sovvenzioni.

Nel caso de quo, può essere un elemento utile, ai fini di tale valutazione, la circostanza, rilevata dal giudice del rinvio, che, dopo essere stato dichiarato inidoneo ad esercitare le funzioni per le quali era stato assunto, il ricorrente era stato riassegnato ad un posto di magazziniere all’interno della medesima impresa.

Ad ogni modo, la possibilità di assegnare una persona disabile ad un altro posto di lavoro esiste solo in presenza di almeno un posto vacante che il lavoratore interessato è in grado di occupare.

Testo integrale della Sentenza, Corte UE, del 10.02.2022

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