
Illegittima la revoca delle prestazioni assistenziali ai condannati che scontano la pena fuori dal carcere (Corte Cost. Sentenza n° 137/2021)
Interessante sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la revoca delle prestazioni assistenziali ai condannati che scontino la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
La c.d. Riforma Fornero (L. 92/2012, art 2, commi da 58 a 61) dispone che nel pronunciare condanna per alcuni reati di particolare allarme sociale, come ad esempio i reati di associazione terroristica, sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione, associazione di stampo mafioso, scambio elettorale, strage e delitti commessi per agevolare le associazioni di stampo mafioso, il giudice applichi in sentenza la sanzione accessoria della “revoca di una serie di prestazioni assistenziali quali l’indennità di disoccupazione, assegno sociale e prestazioni per gli invalidi civili”.
L’erogazione di queste provvidenze assistenziali, una volta espiata la pena, può essere ripristinata su domanda dell’interessato e ove ne sussistano i presupposti previsti dalla normativa di riferimento.
La norma prevede poi che, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, il Ministro della giustizia, d’intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, trasmetta agli enti titolari dei relativi rapporti l’elenco dei soggetti già condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di cui al comma 58, ai fini della revoca, con effetto non retroattivo, delle prestazioni previste dal medesimo comma 58.
Quindi, secondo il legislatore, l’aver commesso reati di particolare gravità dovrebbe giustificare, durante l’esecuzione della pena, il venir meno e quindi la revoca dei trattamenti assistenziali che trovano, invece, come sappiamo il loro fondamento nel generale dovere di solidarietà dell’intera collettività nei confronti dei soggetti svantaggiati.
Secondo la Sentenza della Consulta n. 137 del 2 luglio 2021 è costituzionalmente illegittimo l’art. 2, comma 61, della legge n. 92 del 28 giugno 2012, nella parte in cui prevede la revoca delle prestazioni, comunque denominate in base alla legislazione vigente, quali l’indennità di disoccupazione, l’assegno sociale, la pensione sociale e la pensione per gli invalidi civili, nei confronti di coloro che scontino la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere.
L’illegittimità costituzionale deriva dalla violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione, sul presupposto che è irragionevole che lo Stato valuti un soggetto meritevole di accedere a tale modalità di detenzione e lo privi dei mezzi per vivere, quando questi sono ottenibili solo dalle prestazioni assistenziali.
L’illegittimità della revoca, infatti, deriva dal pregiudizio al diritto all’assistenza per chi necessiti dei mezzi per sopravvivere, che deve essere comunque garantito a ciascun individuo, pur se colpevole di determinati reati.
Sebbene queste persone abbiano gravemente violato il patto di solidarietà sociale che è alla base della convivenza civile, attiene a questa stessa convivenza civile che ad essi siano comunque assicurati i mezzi necessari per vivere.
Testo integrale della Sentenza Corte Costituzionale (data ud. 25/05/2021) n. 137 del 02/07/2021
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