
La Cassazione si è pronunciata sul diritto di precedenza sancito dall’art 33 della Legge 104 del 1992 esprimendo un importante principio di diritto.
Cosa prevede l’art 33 della legge 104/92? La Legge 104/92 all’art 33 prevede, appunto, che il lavoratore dipendente che assiste un familiare con handicap grave (art 3 comma 3 legge 104) ha diritto a scegliere, “ove possibile”, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
Orbene, con la sentenza n. 35105 del 29.11.2022 la Cassazione ha chiarito che l’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 riconosce sì un diritto di precedenza, ma solo “ove possibile”; questo significa che il diritto di precedenza di cui alla legge 104 non attribuisce al lavoratore che assiste una persona con handicap in situazione di gravità un diritto assoluto ad essere trasferito nella sede più vicina a quella dove risiede il soggetto assistito.
Il caso
La Corte d’Appello aveva accolto l’appello proposto dal Ministero avverso la sentenza del Tribunale di primo grado con il quale si era ritenuto fondato il ricorso di una docente, dichiarando (previa declaratoria della nullità parziale del C.C.N.I. sulla mobilità del personale docente) il diritto della ricorrente, referente unico di genitore affetto da handicap grave, ad essere trasferita nel comune di residenza o nella provincia richiesta nella prima delle sedi disponibili tra quelle da lei indicate nella domanda.
In pratica, la Corte d’appello ha escluso la denunciata nullità del C.C.N.I. da parte della ricorrente ed ha ritenuto, invece, che le parti collettive, nel riconoscere la priorità nella mobilità interprovinciale solo al docente coniuge o genitore del disabile, avevano contemperato le opposte esigenze delle parti, salvaguardando quella dell’amministrazione scolastica di ottenere la maggiore copertura delle cattedre nelle diverse regioni del territorio nazionale, senza però mortificare del tutto le esigenze di tutela sottese alla legge n. 104/1992, giacché la precedenza era stata comunque riconosciuta ai fini della mobilità infraprovinciale e della mobilità annuale.
La lavoratrice ha quindi impugnato la decisione della Corte d’appello in Cassazione.
La sentenza
La Cassazione si è pronunciata con una sentenza che ha escluso che l’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 conferisca al lavoratore dipendente che assiste la persona affetta da handicap grave un diritto soggettivo assoluto ed illimitato, perché l’inciso “ove possibile” invoca un necessario bilanciamento di interessi, tutti costituzionalmente protetti.
Infatti, dicono gli ermellini, l’art. 601 del d.lgs. n.297/1994, detta per il personale della scuola una disciplina che è priva di carattere di specialità, nel senso che non differenzia né accentua la tutela della disabilità rispetto a quella generale che vale nei rapporti privati e negli altri comparti dell’impiego pubblico.
Ciò detto, viene fatto notare come l’art. 13 del C.C.N.I., che disciplina i diritti di precedenza, opera una graduazione fra i diversi titoli e tiene conto della distinzione fra mobilità territoriale e mobilità professionale nonché, all’interno della prima, fra spostamenti infra ed extra provinciali e fra mutamenti definitivi e provvisori della sede di assegnazione, stabilendo anche, sempre a tutela della disabilità, punteggi aggiuntivi da riconoscere al dipendente che assiste l’invalido, punteggi che nelle operazioni ordinarie si risolvono in una precedenza, seppure non assoluta, a parità di titoli e di anzianità.
Quindi, la richiamata disciplina del d.lgs. garantisce un bilanciamento degli interessi che vengono in rilievo nelle organizzazioni complesse (in questo caso della scuola) e articolate sull’intero territorio nazionale, in relazione alle quali è necessario contemperare le esigenze del singolo dipendente, con quelle, egualmente meritevoli di tutela, di altri titolari di diritti di precedenza.
Ribadito, da parte della Cassazione, che la tutela della disabilità va contemperata con quella degli altri interessi di rilievo costituzionale, va detto che l’art. 97 della Costituzione impone alle Pubbliche Amministrazioni di organizzare i propri uffici nel rispetto, non del solo principio di efficienza, ma anche di quelli di imparzialità e trasparenza, che si risolvono, sul piano civilistico, nella necessità di agire secondo correttezza e buona fede.
Ne deriva che l’amministrazione scolastica, a fronte del potenziale conflitto fra più aspiranti alla stessa sede, è tenuta ad adottare criteri predeterminati e trasparenti che tengano conto degli interessi, tutti meritevoli di tutela, dei dipendenti interessati alla mobilità, criteri che possono essere oggetto di contrattazione collettiva.
Dunque, la L. n. 104 del 1992, all’art. 33, nel riconoscere il diritto di precedenza “ove possibile”, non limita il bilanciamento alle sole esigenze organizzative intese in senso stretto e riferite unicamente all’opportunità o meno di coprire una sede vacante, bensì legittima l’apprezzamento anche degli altri interessi dei quali il datore di lavoro si deve fare interprete, lasciando spazio a graduazioni della precedenza che tengano conto anche del legame esistente tra il lavoratore e la persona disabile e che valorizzino il ruolo che l’aspirante al trasferimento svolge nel nucleo familiare.
Il principio di diritto espresso dalla Cassazione
Il principio di diritto espresso con la sentenza in commento dalla Cassazione è il seguente.
L’art. 601 del D.lgs. n. 297 del 1994, nel richiamare l’art. 33 comma 5 della legge n. 104 del 1992 che riconosce il diritto di precedenza “ove possibile”, non attribuisce al docente che assiste persona con handicap in situazione di gravità un diritto incondizionato ad essere trasferito nella sede più vicina a quella dove risiede il soggetto assistito.
Nelle operazioni di trasferimento del personale che coinvolgano una pluralità di dipendenti fra i quali anche soggetti titolari del diritto di precedenza di cui al cit. art. 33 comma 5 l’amministrazione, nel rispetto dei principi costituzionali di imparzialità, buon andamento e trasparenza nonché dei canoni generali di correttezza e buona fede, è tenuta ad adottare criteri predeterminati e trasparenti al fine di bilanciare gli interessi, tutti egualmente meritevoli di tutela, degli aspiranti alla mobilità, criteri che ben possono essere oggetto di contrattazione collettiva.
Non si pone in contrasto con l’art. 33 della legge n. 104 del 1992 la contrattazione collettiva che, nel disciplinare le modalità di attuazione della mobilità territoriale, definitiva o provvisoria, operi una graduazione in ragione del legame esistente con la persona affetta da disabilità, sulla base di valutazioni, espresse secondo un criterio di normalità, che tengano conto non della sola gravità delle condizioni di salute dell’assistito, ma anche del ruolo che l’aspirante al trasferimento svolge nel nucleo familiare.
In sintesi, non sussiste nessun diritto assoluto ed incondizionato del lavoratore che assiste una persona con handicap in situazione di gravità ad essere trasferito nella sede più vicina a quella dove risiede il soggetto assistito. Il quadro normativo e contrattuale, nonché la giurisprudenza, salvaguardano secondo i giudici gli interessi dell’amministrazione scolastica di ottenere la maggiore copertura delle cattedre nelle diverse regioni del territorio nazionale, senza compromettere del tutto le esigenze di tutela di cui alla legge n. 104/1992.
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