
Interessante ordinanza della Corte di Cassazione che ha chiarito che nel giudizio per ATP, le contestazioni anche solo parziali alla CTU impediscono l’emissione del decreto di omologa con la conseguenza che al giudice adito a seguito di ricorso proposto ai sensi del comma 6 dell’art 445 bis cpc è rimesso l’accertamento su tutte le condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere e non solo sui motivi di opposizione.
ATP e contestazioni parziali alla CTU nel procedimento per ATP
L’ordinanza della Cassazione è la n. 15914 del 08.06.2021. Di seguito il testo completo:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Maria Margherita – rel. Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19921-2019 proposto da:
A.C.G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ARANCIO SALVATORE;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSA MANUELA, PULLI CLEMENTINA, CIACCI PATRIZIA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 461/2018 del TRIBUNALE di GELA, depositata l’11/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LEONE MARGHERITA MARIA.
Svolgimento del processo
Che:
Il Tribunale di Gela con la sentenza n. 461/2018 resa in sede di procedimento ex art. 445-bis c.p.c., accogliendo il ricorso dell’Inps, a seguito della espletata ctu, aveva rigettato la domanda di A.C.G.A. diretta all’accertamento del requisito sanitario utile per la pensione di inabilità,l’indennità di accompagnamento e lo status di handicap grave.
Il Tribunale aveva escluso la esistenza delle condizioni sanitarie sulla base dell’indagine peritale svolta.
Avverso detta decisione la A. aveva proposto ricorso affidato a tre motivi, anche coltivati con successiva memoria,cui resisteva con controricorso l’Inps.
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Motivi della decisione
Che:
1) Con il primo motivo è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c per aver il tribunale pronunciato rispetto a prestazioni mai richieste (pensione di inabilità e indennità di accompagnamento) ed anche su richieste sulle quali non erano state proposte contestazioni successivamente all’ATPO (handicap grave).
Assume la ricorrente il vizio di ultrapetizione sia rispetto a prestazioni mai indicate del ricorso originario, che alle condizioni già accertate nella prima fase dell’ATPO e mai contestate.
Quanto alle prime, la stessa ricorrente, nel corpo del ricorso, indica la originaria domanda diretta al “riconoscimento dello stato di invalido civile con riduzione della capacità lavorativa superiore al 74%”. In ricorso non era quindi indicato, come invece avrebbe dovuto, la specifica prestazione cui l’accertamento era diretto. Tale indicazione è infatti necessaria al fine di valutare l’interesse concreto alla pronuncia (Cass.n. 2587/2020) non essendo ammissibili domande e pronunce di mero accertamento slegato dalla specifica prestazione.
Nel caso in esame, pertanto, la assenza di indicazioni di quale fosse la specifica prestazione invocata rende inammissibile la censura poichè nessuna ultrapetizione si è verificata.
Quanto all’handicap grave, per il quale la ricorrente deduce l’avvenuto accertamento delle condizioni sanitarie e la assenza di contestazioni, questa Corte ha avuto modo di chiarire che “In tema di accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 445-bis c.p.c., le contestazioni anche parziali alla CTU precludono l’emissione del decreto di omologa, con la conseguenza che al giudice adito a seguito di ricorso proposto ai sensi del comma 6 della citata disposizione è rimesso l’accertamento su tutte le condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere e non solo sui motivi di opposizione” (Cass. n. 3377/2019).
Da tali principi discende che, a seguito della contestazione dell’Inps, l’intera domanda era devoluta al Tribunale che ha pertanto correttamente disposto l’accertamento con riguardo a tutte le prestazioni oggetto della stessa.
2) Con la seconda censura la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia identificato nella erronea lettura, da parte del giudice, della interezza dell’elaborato peritale. In particolare lamenta che il tribunale abbia escluso l’invalidità pari o superiore al 74% ove la ctu ha dato atto, nella motivazione, che è presente il 76%.
Il motivo è inammissibile poichè non risponde, nel suo contenuto, al requisito di specificità. In esso sono riportati parti del contenuto della consulenza tecnica ma non l’intero elaborato con la conseguente impossibilità per questa Corte di esercitare il vaglio richiesto al fine di valutare l’errore denunciato. Peraltro, la mancata specificazione delle prestazioni richieste anche nel giudizio di legittimità, come già rilevato con riguardo al primo motivo di censura, non evidenzia quale debba essere il requisito sanitario utile da considerare.
3) Con il terzo motivo è lamentata la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità motivazione poichè la sentenza respinge la domanda pur a fronte di risultati peritali positivi anche per prestazioni mai chieste. Il motivo è inammissibile poichè è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass.SU n. 8053/2014; Cass. 22598/2018).
Per tutto quanto sopra considerato il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura di cui al dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 2.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 10 marzo 2018.
Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2021
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