Permessi L.104 e congedo straordinario in caso di separazione e divorzio dei coniugi

Permessi L.104 e congedo straordinario separazione e divorzio

Nel caso in di separazione o divorzio è possibile che il coniuge continui a fruire dei permessi retribuiti (legge 104/92) o del congedo straordinario retribuito (D.lgs 151/2001)?

Per rispondere a tale quesito occorre analizzare cosa dispone la normativa in materia di permessi e quella in materia di congedo straordinario.

CHI PUÒ CHIEDERE I PERMESSI RETRIBUITI?

I permessi 104/92 possono essere chiesti dal genitore, dal coniuge, dalle coppie unite in unione civile (c.d. Legge Cirinnà), dai parenti e gli affini entro il secondo grado e, a seguito di sentenza della Corte Costituzionale n.213/2016, dal convivente di fatto (more uxorio). E’ prevista la possibilità di estendere il diritto ai parenti ed affini entro il terzo grado in presenza di particolari condizioni. Ai fini del godimento dei permessi non occorre rispettare un ordine di priorità tra gli aventi diritto, questo significa che il coniuge è solo uno dei possibili fruitori di detta agevolazione, insieme ai parenti e affini di secondo grado. I parenti e affini entro il terzo grado, invece, possono fruire dei permessi lavorativi solo quando i genitori o il coniuge della persona con handicap siano deceduti o “mancanti” oppure quando i genitori o il coniuge della persona con handicap abbiano compiuto i 65 anni o siano affetti da patologie invalidanti.

Cosa succede allora se i coniugi si separino?

Va detto che la separazione, che comunque incide sui diritti e doveri, non pone fine al matrimonio, né fa venir meno lo status giuridico di coniuge. La separazione sospende gli effetti del matrimonio in attesa di una riconciliazione o di un provvedimento di divorzio. Quindi è una situazione temporanea i cui effetti cessano nel caso di riconciliazione dei coniugi che non richiede alcuna forma solenne e può avvenire, oltre che con un’espressa dichiarazione, anche di fatto, a seguito cioè di comportamenti non equivoci incompatibili con lo stato di separazione.

In considerazione di quanto innanzi detto, i coniugi anche se separati possono continuare a utilizzare i permessi retribuiti di cui alla Legge 104. 

Cosa succede se i coniugi divorziano?

Il divorzio comporta lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, quindi il venir meno dello status di coniuge. Col divorzio, vengono meno anche i diritti e gli obblighi discendenti dal matrimonio.

Ne deriva che in caso di divorzio, il coniuge non potrà continuare a fruire dei permessi ex Legge 104.

Gli affini possono continuare a fruire dei permessi a seguito di separazione o divorzio dei coniugi?

In base a quanto detto poc’anzi, nell’ipotesi di separazione, gli affini possono continuare a usufruire dei giorni di permesso legge 104, dato che la condizione di “separazione” rinvia allo stato di “mancanza” che il legislatore ha previsto come condizione per far accedere al beneficio il familiare o l’affine entro il terzo grado in presenza di particolari condizioni. Infatti, l’espressione “mancanti” va intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma comprende anche ogni altra condizione assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, come appunto il divorzio, la separazione legale o abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità.
Invece, nell’ipotesi di divorzio, non è possibile né per il coniuge, né per gli affini usufruire dei permessi poiché, come visto, il divorzio fa cessare gli effetti civili del matrimonio. I permessi, in tal caso, resteranno fruibili solo da parte dei parenti del familiare con grave disabilità.
In conclusione, in caso di separazione i beneficiari dei permessi sono il coniuge, i parenti e gli affini entro il secondo grado, il convivente di fatto (more uxorio), mentre in presenza di particolari condizioni, i parenti e gli affini entro il terzo gradi. In caso di divorzio,invece, i fruitori dei permessi restano solo i parenti della persona con disabilità grave con esclusione dell’ex coniuge e degli affini che il matrimonio aveva originato.

CHI PUO’ CHIEDERE IL CONGEDO STRAORDINARIO RETRIBUITO?

Possono richiedere il congedo straordinario retribuito solo alcuni familiari secondo un ordine di priorità che è vincolante:

  • coniuge convivente con la persona con disabilità grave e i componenti dell’unione civile conviventi;
  • genitori, in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti del coniuge;
  • figli conviventi, in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti, del coniuge e dei genitori;
  • fratelli conviventi, in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti, del coniuge, dei genitori, dei figli;
  • parente o l’affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti degli altri soggetti poc’anzi individuati dalla norma.

Se nel caso dei permessi, il coniuge è solo uno dei possibili fruitori, nel caso del congedo straordinario è il primo e non sostituibile da altri familiari. Inoltre, nel congedo, lo “slittamento” del beneficiario avviene solo in caso di “mancanza, decesso o patologie invalidanti”. Con l’espressione “mancanti” s’intende non solo la situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, come ad esempio il divorzio, separazione legale o abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità.
Con la circolare n. 32/2012 l’Inps specifica che la “mancanza” sarà oggetto di verifiche e che le eventuali dichiarazioni false saranno perseguite.
In considerazione di quanto detto ne deriva che il congedo straordinario, in caso di separazione o divorzio, non spetta più all’ex coniuge poiché la condizione di “separazione” rimanda allo stato di “mancanza” che il legislatore ha previsto come condizione per far accedere al beneficio il familiare successivo nell’elenco dei beneficiari.

 

 

 

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