Discriminazione alunno con disabilità: il risarcimento del danno ha una funzione deterrente e preventiva (sentenza Corte d’appello Milano-25.02.2022)

Discriminazione alunno con disabilità: il risarcimento del danno ha una funzione deterrente e preventiva (sentenza Corte d’appello Milano-25.02.2022)

Interessante sentenza della Corte d’Appello di Milano in tema di risarcimento del danno non patrimoniale a causa delle condotte discriminatorie a danno di un alunno con disabilità.

Il caso

La Corte d’Appello di Milano ha in parte riformato una precedente Ordinanza del Tribunale di Monza, accertando una discriminazione posta in essere dal Ministero dell’Istruzione, e nello specifico da un Istituto Comprensivo, “per non avere indicato nel PEI (Piano Educativo Individualizzato) il fabbisogno educativo necessario al minore con disabilità” e per “non avere riconvocato successivamente il GLHO (Gruppo di Lavoro per l’Handicap Operativo) per i necessari emendamenti richiesti”.

I genitori dell’alunno disabile avevano richiesto l’accertamento delle condotte discriminatorie poste in essere ai danni del figlio minore, alunno di una scuola primaria, e la conseguente rimozione degli effetti delle condotte discriminatorie accertate, con condanna del Ministero al risarcimento dei danni non patrimoniali connessi alla discriminazione.

I ricorrenti avevano contestato in particolare alla scuola di aver:

  • Ridotto unilateralmente l’orario di frequenza ed escluso il minore dalla mensa scolastica;
  • Omesso la convocazione del prescritto GLHO per la verifica e la modifica del PEI (Piano educativo individualizzato);
  • Redatto un PEI incompleto, senza quantificazione delle ore di sostegno e di assistenza educativa necessarie all’efficace inclusione scolastica dell’alunno;
  • Omesso di erogare tutte le ore di sostegno indicate nel PEI.

Con ordinanza ex art 702 ter cpc il giudice rigettava nel merito le domande dei ricorrenti. Il giudice di prime cure, rispetto alle quattro condotte discriminatorie indicate dalle parti, essendo connesse all’anno scolastico già concluso, affermava che non potevano più ritenersi esistenti e di conseguenza non era possibile chiedere al giudicante la relativa cessazione.

Inoltre, in relazione a dette condotte, la domanda dei ricorrenti aveva natura risarcitoria avendo le parti reclamato il risarcimento del danno non patrimoniale.

Per cui riteneva non accoglibile la domanda risarcitoria giacché anche in materia di lesione dei diritti inviolabili della persona, la risarcibilità del danno non patrimoniale non è in re ipsa dovendo essere individuato, non nella lesione del diritto inviolabile ma nelle conseguenze di tale lesione; cosicché la sussistenza del pregiudizio doveva essere oggetto di allegazione e prova, anche in via presuntiva, muovendo da elementi di tipo indiziario. I ricorrenti invece non avevano allegato dati, neppure a livello indiziario, idonei a supportare la fondatezza della pretesa risarcitoria.

La Corte d’appello, investita della questione, con sentenza del 22.02.2022 rilevava che effettivamente sussisteva, a differenza di quanto sostenuto dal giudice di prime cure, anche ad anno scolastico ormai concluso, un interesse dei genitori all’accertamento delle condotte discriminatorie poste in essere dalla scuola nei confronti del figlio minore, e comunque alla tutela risarcitoria richiesta, nonché all’adozione di un piano di rimozione delle discriminazioni accertate da far valere per il futuro ai sensi dell’art 28, comma 5, del d.lgs 150/2011.

Pur avendo la Corte d’Appello di Milano riconosciuto solo due delle quattro condotte discriminatorie contestate dai ricorrenti, tale pronuncia è assolutamente significativa, in quanto afferma dei princìpi molto importanti in tema di risarcimento del danno non patrimoniale!

Nello specifico, secondo la Corte l’unico profilo censurabile in capo alla scuola è quello della mancata indicazione nel PEI delle ore di sostegno educativo necessario alla piena inclusione scolastica e la mancata convocazione del GLHO per la modifica del PEI, ciò che ha anche comportato la conseguente riduzione dell’orario scolastico. Queste due condotte appaiono di per sé discriminatorie “in quanto hanno posto l’alunno con disabilità in una condizione di svantaggio e disuguaglianza rispetto agli altri alunni normodotati a causa della mancata valutazione dei suoi bisogni che non gli hanno consentito la concreta fruizione degli strumenti di supporto a lui necessari”.

Quanto alla conseguente domanda risarcitoria la Corte ha spiegato che nelle controversie in materia di discriminazione proponibili con il procedimento ex art 28 d.ls 150/2011 è ammissibile, ai sensi del comma 5, il risarcimento del danno non patrimoniale che si caratterizza per una funzione dissuasiva e che esula dai c.d. danni punitivi.

Pertanto, la Corte ha riconosciuto ai genitori dell’alunno discriminato un indennizzo, seppur minimo, affermando appunto che il risarcimento del danno non patrimoniale da discriminazione svolge anche una “funzione deterrente e preventiva” e pertanto va riconosciuto senza dover necessariamente dimostrare il concreto pregiudizio subìto dalla vittima della condotta discriminatoria”.

Testo integrale Sentenza Corte d’Appello di Milano del 25.02.2022

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