È discriminatorio il licenziamento del disabile per superamento del periodo di comporto?

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In materia di licenziamento per superamento del periodo di comporto è intervenuto recentemente il Tribunale di Lodi con sentenza n.19 del 12 settembre 2022.

 

È discriminatorio il licenziamento del disabile per superamento del periodo di comporto?

Secondo il Tribunale (Trib. Lodi n.19 del 12.09.2022) non vi è alcuna distinzione di trattamento tra i lavoratori disabili e gli altri, dato che malattia e disabilità sono concetti differenti e solo il primo implica uno stato morboso che impedisce in assoluto al lavoratore di prestare l’attività lavorativa.

Per tale motivo, l’applicazione indistinta del medesimo periodo di comporto previsto dal CCNL a tutti i lavoratori (disabili e non) non determina necessariamente una discriminazione indiretta rispetto ai lavoratori disabili. Dunque, i giorni di assenza per malattia determinati dallo stato di invalidità riconosciuto al lavoratore disabile possono essere computati nel periodo di comporto.

La sentenza del Tribunale di Lodi affronta due temi:

  • quello della computabilità nel periodo di comporto delle assenze per malattia collegata all’invalidità del dipendente;
  • la escludibilità dal periodo di comporto delle assenze dovute a malattie collegate con lo stato di invalidità del lavoratore quando lo stesso sia stato adibito a mansioni incompatibili con le proprie condizioni di salute.

Il Caso

Nel caso in esame, una lavoratrice, precedentemente dichiarata invalida dalla commissione per l’invalidità civile e assunta dal datore di lavoro ai sensi della L. n. 68/99 (collocamento mirato), era stata licenziata per superamento del periodo di comporto a seguito di complessivi 484 giorni di assenza per malattia.
La lavoratrice ha impugnato il licenziamento ritenendolo discriminatorio e, in via subordinata, sostenendo l’illegittimità dello stesso licenziamento in quanto le assenze per malattia, computate ai fini del superamento del comporto, sarebbero state riconducibili all’adibizione della lavoratrice a mansioni incompatibili con lo stato di salute della stessa, in violazione delle prescrizioni del medico.

Il Tribunale di Lodi ha rigettato il ricorso per le seguenti motivazioni.

La sentenza

E’ stato sostenuto che la disciplina del licenziamento per superamento del comporto (art. 2110 c.c.) ha il fine di consentire, da un lato, al lavoratore di conservare il posto di lavoro anche durante la malattia e, dall’altro, di tutelare il datore di lavoro ammettendo il recesso datoriale in presenza di una morbilità eccessiva del lavoratore.

Il tribunale ha osservato che nessuna norma prevede il divieto assoluto di licenziamento del lavoratore disabile e non vi sono ragioni nell’ordinamento italiano per trattare i lavoratori disabili diversamente dagli altri con specifico riguardo alle conseguenze sulla stabilità del rapporto legate alla durata della malattia. Malattia e disabilità sono, infatti, da considerarsi come due concetti differenti, tra i quali solo il primo determina necessariamente un impedimento assoluto del lavoratore di prestare l’attività lavorativa, mentre il secondo limita la capacità lavorativa senza escluderla. I lavoratori disabili non sono necessariamente affetti da malattie che determinino lunghi periodi di assenza, mentre vi possono essere lavoratori non disabili che soffrono di malattie croniche. Perciò non può condividersi la tesi che individua a priori una discriminazione indiretta nell’indistinta applicazione dei criteri di calcolo del superamento di comporto a tutti i lavoratori, disabili e non.

Inoltre, il Tribunale nella sentenza in commento ha ritenuto che per appurare se nel caso in esame la norma del CCNL applicabile realizzi una discriminazione indiretta della lavoratrice in relazione al computo del comporto, bisogna valutare se tale disciplina sia penalizzante per la disabile in ragione della patologia che ha dato origine alla disabilità. Tuttavia, tale profilo non è stato oggetto di discussione tra le parti in giudizio. A ciò si aggiunge che, in relazione all’anzianità della ricorrente, il CCNL Logistica (della lavoratrice) garantisce la conservazione del posto di lavoro a fronte di un giorno lavorato su due nei precedenti 30 mesi. Quindi, estromettere da un così lungo periodo di comporto contrattuale le assenze per malattia legate alla disabilità comporta un onere sproporzionato a carico del datore di lavoro e, in ogni caso, una disparità di trattamento irragionevole rispetto agli altri lavoratori la cui malattia potrebbe portare al licenziamento.

Per ciò che concerne il discorso sull’illegittimità del licenziamento, secondo il Tribunale le assenze dovute a malattie collegate con lo stato di invalidità non possono essere computate nel periodo di comporto quando il lavoratore sia stato adibito a mansioni incompatibili con le proprie condizioni di salute. Tuttavia, nel caso in esame la lavoratrice non ha dato prova che i periodi di malattia siano stati conseguenza dell’inosservanza da parte del datore di lavoro alle prescrizioni impartite a tutela della salute della ricorrente.

Due orientamenti in tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto

Va detto, poi, che in materia di licenziamento per superamento del periodo di comporto del lavoratore disabile vi sono due opposti orientamenti della giurisprudenza di merito che escludono o meno il carattere discriminatorio del licenziamento in un caso simile, così configurando un quadro di incertezza.

Conforme con l’orientamento della sentenza in oggetto è il Tribunale di Bologna che con la sentenza n. 230 del 19/5/2022; sulla stessa linea di pensiero si inserisce anche il Tribunale di Vicenza con la sentenza 27/4/2022, n. 181, nonché la Corte d’Appello di Palermo n. 111 del 14/2/2022.

Al contrario, di diverso orientamento è il Tribunale di Milano che con ordinanza del 2/5/2022 ritiene evidente che il computo ai fini del superamento del periodo di comporto delle assenze per malattia connesse alla specifica condizione di disabilità costituisca discriminazione indiretta, in quanto comportamento apparentemente neutro che, tuttavia, pone le persone portatrici di handicap in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone; parimenti, il Tribunale di Verona con la
sentenza del 21/3/2021.

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