
Revoca della prestazione assistenziale a seguito di visita di revisione successiva alla sentenza passata in giudicato.
Accade sovente che l’Inps convochi nuovamente a visita un invalido titolare di pensione di invalidità civile, di assegno di invalidità civile o di indennità di accompagnamento, riconosciute in forza di una sentenza giudiziaria passata in giudicato, revocandogli la prestazione che gli era stata appena concessa per asserito miglioramento dello stato di salute.
A tutela di tali situazioni sono intervenute due importanti sentenze della Corte di Cassazione, la n. 383 del 1999 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, la n. 16058 del 2008, n. 12674 del 2003, n. 5424 del 2006.
Tutte le sentenze citate avevano sancito il principio second cui “la situazione già accertata in un precedente procedimento giudiziario non può formare oggetto di una valutazione diversa quando persistano immutati gli elementi di fatto e di diritto preesistenti. Ragion per cui, nel momento in cui viene in questione la legittimità della revoca amministrativa della pensione da parte dell’Inps, va operato il necessario confronto tra la situazione esistente all’epoca del precedente accertamento giudiziale e quella ricorrente al momento dell’emanazione dell’atto di revoca e ciò al fine di appurare se effettivamente vi è stata un’evoluzione in senso migliorativo dello stato di salute dell’invalido o in ogni caso un recupero della capacità di guadagno del medesimo”.
Con la recentissima sentenza n. 26090 del 15. 10.2019 la Cassazione è tornata sull’argomento chiarendo che nelle controversie in materia di soppressione, per asserito miglioramento, di pensione di invalidità civile, di assegno di invalidità civile o di indennità di accompagnamento che siano state conseguite in forza di sentenza passata in giudicato, occorre fare una comparazione tra le condizioni di salute esistenti all’epoca della sentenza e quelle riscontrate in occasione del giudizio di revisione, atteso che in tali casi il giudicato si estende anche alla valutazione del carattere invalidante delle malattie che, se invariate, non possono essere diversamente valutate.
Ringrazio, come sempre, l’amico e collega avv. Carmine Buonomo per il materiale messo a disposizione.
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