Ricorsi invalidità civile: quando il ricorrente non deve pagare le spese processuali

Ricorsi invalidità civile le spese processuali

Nei ricorsi promossi per ottenere l’invalidità civile e le prestazioni previdenziali, il ricorrente (ossia colui che ha presentato il ricorso avverso, ad esempio, un verbale di invalidità civile) deve pagare le spese per iscrivere la causa a ruolo e le spese in caso perda il giudizio?

Cominciamo dal dire che le spese di lite nelle controversie assistenziali (ricorsi per invalidità civile, accompagnamento, legge 104, cecità, sordità, assegno sociale ecc..) e previdenziali (ricorsi per pensione vecchiaia, invalidità contributiva ecc..) sono disciplinate in maniera differente rispetto al rito ordinario.

Ricorsi invalidità civile: quando il ricorrente non deve pagare le spese processuali

Nello specifico, solitamente per presentare un ricorso in materia assistenziale o previdenziale occorre pagare il contributo unificato nella misura di € 43,00; e nel caso di soccombenza, cioè se si perde il giudizio, si è tenuti a pagare le spese alla parte vittoriosa.

La normativa, però, prevede che nei giudizi previdenziali ed assistenziali tutti i cittadini che abbiano un reddito imponibile non superiore a € 35.240,04 euro annui (come da dichiarazione dei redditi) non devono pagare le spese per iscrivere la causa in tribunale (spese iscrizione causa € 43,00)

Allo stesso modo, la parte soccombente (quella che perde il giudizio) non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari di giudizio, quando nell’anno precedente a quello della sentenza risulta titolare di un reddito imponibile ai fini Irpef, pari o inferiore a due volte l’importo del reddito stabilito dalle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia; quindi il reddito da non superare per essere esenti dalle spese di soccombenza è € 23.493,36.

Il rinvio è alla legge sul gratuito patrocinio a spese dello Stato, il cui limite per essere ammessi è di € 11.746,68, prendendo a riferimento il reddito del ricorrente e, se convivente, dell’intero nucleo familiare risultante dallo stato di famiglia.

Questo significa che chi propone un ricorso per ottenere prestazioni assistenziali o previdenziali e si trova nelle condizioni di reddito suindicate deve rendere apposita “dichiarazione sostitutiva di certificazione” nelle conclusioni dell’atto introduttivo (nel ricorso) e si deve impegnare a comunicare, fino a che il processo non sia definito, ogni variazione rilevante ai fini del limite di reddito verificatosi nell’anno precedente.

Si ricorda che per verificare il diritto all’esenzione (sia dal contributo unificato che dalle spese di soccombenza) bisogna fare riferimento all’ultima dichiarazione dei redditi Irpef presentata dalla parte e, se vi sono, dai familiari conviventi.

Di seguito uno schema riepilogativo:

REDDITO DA NON SUPERARE
ESENZIONE DAL CONTRIBUTO UNIFICATO (€43,00)

 

€ 35.240,04
ESENZIONE DALLE SPESE DI SOCCOMBENZA

 

€ 23.493,36

(oltre maggiorazione per ogni familiare convivente di € 2.064,00)

 

Importante precisazione: nel calcolo del reddito del nucleo familiare devono essere computati anche i redditi esenti dall’Irpef. Invece non si computa l’indennità di accompagnamento, che “non fa reddito”, come stabilito dalla Cassazione, con Sentenza n. 26302/2018.

Inoltre, per ogni familiare convivente con chi propone il giudizio per il riconoscimento dei benefici previdenziali e/o assistenziali si applica la maggiorazione pari ad € 2.064,00, come previsto dall’ ordinanza della Corte di Cassazione n° 22345/2016.

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